Il difetto dell’abitualità della dimora del debitore esecutato nell’immobile staggitto comporta la liberazione immediata dell’immobile medesimo
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Intransigente, quanto giusto: il Tribunale di Vicenza, con la recentissima ordinanza in commento resa in data 18/10/2021, ha rigettato la richiesta di sospensiva, a seguito di opposizione, dell’ordine di liberazione pronunciato dal Giudice dell’esecuzione, a causa del difetto del requisito dell’abitualità della dimora del debitore esecutato nell’immobile pignorato, ancorché anagraficamente ivi residente unitamente ai familiari effettivamente abitanti l’immobile.
Nell’ ambito dell’esecuzione immobiliare il debitore esecutato proponeva opposizione, ai sensi dell’art. 617 c.p.c., mediante la quale contestava, ai sensi dell’art. 560 comma 6 cpc, applicabile ratione temporis, l’ordine di liberazione immediata e, dunque, anticipata rispetto all’aggiudicazione, pronunciato dal Giudice dell’esecuzione, in quanto l’immobile esecutato era abitato dal debitore esecutato unitamente al figlio e al di lui nucleo familiare.
Contra, il creditore opposto rappresentava la possibile insussistenza, ai sensi dell’art. 560 comma 6 cpc, dei presupposti invocati dal debitore esecutato a fondamento della richiesta sospensiva e, dunque, la legittimità dell’ordine di liberazione de quo perché sulla base degli elementi in atti (relazioni del custode, certificato di famiglia, intestazione delle utenze, pagamento delle spese condominiali) l’immobile pignorato non sarebbe risultato abitato dal debitore esecutato sebbene ivi residente, bensì esclusivamente dai suoi familiari.
Il debitore opponente contestava la rilevanza della temporanea assenza nell’immobile staggito come emersa in atti (pari ad almeno due anni) attesa la sua residenza anagrafica nell’immobile de quo e, in ogni caso, rilevava come la effettiva abitazione dei propri familiari nell’immobile pignorato risultasse presupposto sufficiente per l’accoglimento della richiesta sospensiva dell’ordine di liberazione pronunciato ai sensi dell’art. 560 comma 6 cpc.
La norma di cui al comma 6 dell’art. 560 cpc dispone l’emanazione dell’ordine di liberazione “quando l’immobile non è abitato dal debitore e dal suo nucleo familiare”.
Secondo il Tribunale di Vicenza – ritenuto che l’utilizzo della congiunzione “e”, anziché della disgiunzione “o” di cui all’art. 560 comma 6 cpc risulti indice sicuro della volontà del legislatore di tutelare esclusivamente le esigenze abitative primarie (cioè quelle del debitore, oltre che degli eventuali familiari conviventi), e non anche quelle non primarie (cioè di altri soggetti con egli non conviventi quand’anche familiari); ritenuto peraltro che la disposizione in esame, utilizzando il termine “abitato”, abbia inteso fare riferimento alla dimora abituale, e non al dato formale della residenza anagrafica, la quale ultima costituisce una mera presunzione iuris tantum, che nel caso di specie risulta superata dai plurimi e convergenti elementi indiziari indicati dal creditore opposto; ritenuto pertanto che, a fronte di una così lunga assenza del debitore esecutato, che non risulta essere dovuta a causa di forza maggiore (se non per un periodo limitato di pochi mesi) non possa ritenersi che l’abitazione in questione sia tutt’oggi destinata alle sue esigenze abitative primarie, difettando il requisito della abitualità della dimora; – la sospensiva dell’ordine di liberazione richiesta dal debitore esecutato non è sorretta dal requisito del fumus bonis iuris, con suo conseguente rigetto.
Ebbene, secondo le motivazioni del Tribunale di Vicenza, l’interpretazione del comma 6 dell’art. art. 560 cpc è letterale, anzi “in claris non fiat interpretatio”!
Simona Siotto
Avvocato Cassazionista
Ilaria Margherita Piva
Avvocato